Il caso
Un centro
di riabilitazione tedesco, Reha Training, ha installato per i propri pazienti
alcuni televisori, con i quali trasmette programmi televisivi. GEMA, collecting tedesca che tutela i diritti
d’autore in campo musicale, richiede a Reha Training di pagare i compensi
previsti dal diritto d’autore per la diffusione di tali programmi, ma questa si
oppone, escludendo che ci sia una comunicazione al pubblico di opere protette
e, dunque, che i compensi siano dovuti.
Il
giudice tedesco chiede un chiarimento alla Corte di Giustizia.
La decisione della Corte di Giustizia
La Corte
– che, su richiesta del governo francese, si pronuncia in Grande Sezione (15
giudici) – coglie l’occasione per affinare la propria giurisprudenza sulla
nozione di comunicazione al pubblico
ai sensi degli artt. 3 Direttiva 2001/29 e 8 Direttiva 2006/115.
I giudici
chiariscono preliminarmente che la nozione ha lo stesso significato in entrambe
le norme, pur se queste si riferiscono a diritti diversi (rispettivamente,
degli autori e degli artisti interpreti o esecutori/produttori fonografici), e
che l’applicazione dell’art. 3 non esclude quella dell’art. 8. Richiamando alcuni
casi precedenti – come SGAE, SCF, Phonographic Performance Ireland – la
Corte riepiloga i quattro criteri in base ai quali si identifica una comunicazione al pubblico: esistenza di
un atto di comunicazione, con ruolo imprescindibile dell’utente; presenza di un
pubblico; novità del pubblico; carattere lucrativo della comunicazione.
Nel caso
di Reha Training, per i giudici europei è proprio l’ultimo criterio – ossia la
possibilità di trarre vantaggio economico per il centro riabilitativo dalla
diffusione delle opere protette - che conferma la presenza di una comunicazione
al pubblico di opere protette. Ai titolari dei diritti, quindi, spettano i
compensi previsti dal diritto d’autore.
Perché questa sentenza è importante?
La Corte
è decisa nel ribadire che l’ambito della comunicazione
al pubblico di opere protette è ampio. Gli utilizzatori hanno scarse
giustificazioni per rifiutare il pagamento dei compensi spettanti ad autori,
artisti interpreti o esecutori e produttori.
I giudici
europei sembrano, anzi, voler superare la soluzione restrittiva proposta nel
caso SCF, che aveva escluso la presenza di una comunicazione al pubblico
nel caso di diffusione di musica negli studi dentistici.